La
psicoanalisi è il
laico
Giancarlo
Gramaglia e Franco Quesito
Dire che il soggetto su cui
operiamo in psicoanalisi non può
essere che il soggetto della
scienza, può passare per un
paradosso. Tuttavia è qui che va
operata una demarcazione, senza
la quale tutto si mescola ed
inizia una disonestà altrove
chiamata oggettiva: ma è per
mancanza di audacia e per non
avere reperito l’oggetto che si
fa cilecca. Della nostra
posizione di soggetto siamo
sempre responsabili. Lo si
chiami, dove così si vuole,
terrorismo. Ho il diritto di
sorridere, giacché non è in un
ambiente in cui la dottrina è
apertamente materia di
negoziato, che potrei aver paura
di offuscare qualcuno se formulo
che l’errore di buona fede è fra
tutti il più imperdonabile. La
posizione dello psicoanalista
non lascia scappatoie, perché
esclude la tenerezza dell’anima
bella. Non c’è scienza dell’uomo
perché l’uomo della scienza non
esiste, ma solo il suo soggetto.
Jacques Lacan , Scritti,
Giulio Einaudi Editore SpA,
1974, Torino, Voll. II, pag. 863 |
La
laicità è un tratto complesso
dell’interazione tra gli esseri umani e
riguarda in questo senso un atto
dinamico, cioè quella parte del giudizio
inerente il pensiero della rete dei
rapporti tra soggetti. Se non fossimo
troppo abituati a prendere per scontati
certi significanti, questa sarebbe
l’occasione buona per interrogarci
intorno al senso della parola
“soggetto”.
Per una
certa teoria supposta, e quindi
supponente, il concetto dovrebbe
riguardare “l’essere umano”, che è poi
un’ottima occasione per scivolare e
teorizzare sull’essere, per finire
irrimediabilmente ad una teoria
creazionista, trattata come l’atto di
fondazione del diritto dell’essere e
offrendo così uno splendido esempio di
paradosso.
Questo
strabismo teorico è invece proprio
l’istanza stessa di un’idea della
relazione umana che tratta gli individui
come oggetti, pensandoli come attori che
necessitano di una complessità di
istruzioni senza le quali sarebbe loro
impossibile poter sopravvivere nel
beneficio.
Ogni
teoria di questo tipo stravolge la
capacità del “soggetto” di cogliersi
come tale e costituisce, nella sua
capacità di informare e deformare il
giudizio dell’individuo, l’elemento
attivo della costruzione del sintomo.
La
psicoanalisi freudiana è ciò che ha
permesso al pensiero umano di cogliere
il senso dell’assurda pretesa di poter
costruire il mondo sociale senza
deformare la profonda ricchezza del
soggetto.
È intorno
alla teoria del sintomo che intendiamo
precisare la profonda distanza che
intercorre tra la psicoanalisi e ogni
altra forma di “psico”. Freud ha saputo
cogliere nella formazione del sintomo
l’istanza dell’inconscio, ove sino a lui
– e in fondo anche dopo di lui – questo
è stato sempre trattato quale malanno
ora incomprensibile, ora spiacevole, ora
demoniaco, insomma come qualcosa da
eliminare quale interruzione
inaccettabile del flusso di un vivere
“normalizzato” che spesso aveva lo
spiacevole correlato di mettere in
tensione la tranquilla normalità.
Il
sintomo psichico ha invece in
psicoanalisi uno statuto ben preciso
come elemento del discorso interrotto di
un soggetto che si ammala nel conflitto,
inespresso altrimenti, tra le istanze di
un inconscio che “desidera” la meta
della soddisfazione e un Io schiacciato
dalle richieste delle istanze sociali
cariche di idealizzazioni.
Il
sociale si carica in questo senso di una
complessità di istanze idealistiche che
per semplicità possiamo chiamare
“cleri”: viviamo immersi in un mondo
pieno di “ismi” sostenuti dai loro
rispettivi cleri.
La
psicoanalisi freudiana ha ridato al
sintomo lo statuto della rappresentanza
del discorso di un soggetto, che –
sebbene in crisi – trova nella relazione
analitica lo spazio del proprio
riconoscersi e ricostruirsi in una
diversa possibile ricerca di beneficio
che il sintomo sapeva solamente
rappresentare per deformazione. Il
soggetto dell’analisi è “soggetto”
titolare del proprio discorso, che ha
potuto e saputo imputare all’Altro
(concetto che contiene la somma delle
teorie presupposte e delle
idealizzazioni) l’attività deformante e
stravolgente del diritto/norma
soggettivo. Il soggetto dell’analisi è
soggetto laico, soggetto liberato - o
meglio liberante – che ha ritrovato il
doppio passo del pensiero soggettivo e
dell’atto di parola. Il soggetto
dell’analisi è soggetto parlante, capace
cioè di rendere pubblico il proprio
diritto/norma senza bisogno di ricorrere
al debito dell’appartenenza a nessun
“clero”.
Il
soggetto dell’analisi è attore della
relazione, elemento di una laicità che
cerca nella relazione con l’altro il
soddisfacimento di una reciprocità tra
soggetti capaci di trovare nel comporsi
soggettivo il reciproco di un beneficio
altrimenti impossibile. Il soggetto
della psicoanalisi è il soggetto che
lavora con altri soggetti nella
fondazione del “mi piace”.
La
psicoanalisi freudiana insomma ha
rimesso in gioco l’istanza
dell’inconscio che duemila anni di
clericalità avevano contribuito a
tentare di rimuovere e di stravolgere,
fino a farlo diventare un piano
inaccettabile dell’istanza del soggetto;
contro l’inconscio sono stati lanciati
gli anatemi della legge del “non devi”,
oltre che quelli della sua
demonizzazione. L’inconscio ne è
risultato così stravolto e rimosso,
un’istanza totalmente reietta e trattata
quale fonte della deformazione delle
coscienze, in un atto di negazione del
desiderio quale istanza indispensabile
al soggetto.
Se
permettessimo che il pensiero
scientifico di ogni soggetto “intorno a
sé” possa essere trattato
“oggettivamente” configureremmo ogni
relazione umana in
termini”comportamentisti”, mentre noi
sappiamo che l’uomo è il “soggetto”
della scienza. L’aver permesso che
l’accreditamento “scientifico” della
psicoanalisi in Italia dipendesse dal
consenso delle lobby psichiatriche,
mediche e clericali ha obbligato la
psicoanalisi in una deriva
psicoterapeutica e psicofarmacologica
dalla quale oggi è indispensabile
lavorare per sottrarla.
Del
resto, anche la pretesa scientificità
della “medicina ufficiale” subisce fieri
colpi e si difende dalle “medicine
alternative” unicamente a colpi di leggi
statuali.
Sappiamo
bene infatti che in Italia esiste un
sistema “monopolistico” in quanto
vengono escluse altre forme di
trattamento, ove altrimenti in altri
paesi d’Europa la legislazione, assai
più tollerante, chiama in causa “libertà
di prestazione e libertà di ricezione
della cura”.
È stato
indispensabile il Freud medico
non-medico, ebreo non-ebreo, soggetto
non omologato per ritrovare l’inconscio
nel “sogno” , nel “lapsus” e nell’”atto
mancato”, ovvero in tutto ciò che di
inspiegabile alla coscienza accadeva
all’essere umano; è stato indispensabile
Freud per fondare la psicologia nella
relazione soggetto-soggetto e per
riconoscere che le relazioni tra esseri
umani sono relazioni di transfert, cioè
istanze d’amore.
Freud ha
sottratto la psicologia alla medicina,
alla religione e alle scienze naturali e
l’ha ricondotta al campo al quale
appartiene, cioè al mondo del farsi
delle relazioni, che è un mondo entro il
quale non è possibile introdurre teorie
generali e assolute, in quanto ogni
relazione esiste nel momento in cui
avviene e non può più avvenire allo
stesso modo mai più, se non in una forma
di “coazione a ripetere” che appartiene
già alla morte del soggetto.
La
psicologia è in questo senso atto di
accoglimento della relazione tra
soggetti e appartiene a ogni soggetto
capace di relazione “a norma
soggettiva”.
La storia
delle diverse psicologie clericalizzate
invece è la dimostrazione della mancanza
dell’ascolto del discorso
dell’inconscio, ove il sintomo è
trattato quale accidente da cancellare
al più preso o, nel caso, da sedare in
quanto accidente spiacevole in un mondo
alla ricerca di “una Verità”.
Il
significante inconscio ha assunto nel
tempo nel linguaggio una sorta di
accezione edulcorata: è talmente
“frusto” che alla fine non significa più
nulla, proprio perché rischia di
significare di tutto un po’. Sarà
certamente per questo che è stato
espunto da qualunque tecnica psicologica
come una sorta di vecchiume capace solo
di ritardare la cura e la guarigione;
all’inconscio sono subentrati dei
farmaci capaci di “sedare” ogni
sensazione dell’umano: la tristezza, il
dolore, la sofferenza, la gioia, lo
stupore, la meraviglia, il dubbio,
l’incertezza e tutto il resto dell’umana
emozione hanno da essere limitati,
espunti: sono trattati quasi da fattori
inaccettabilmente umani che non debbono
avere un posto e un motivo, basta che
vengano tenuti sotto controllo.
In questo
risiede la forza rivoluzionaria e
profondamente laica della psicoanalisi:
nel saper dare la parola al soggetto,
permettendogli di dare un nome al
proprio mondo emotivo e al proprio
desiderio.
La
psicoanalisi è laica perché non si
sottrae mai e in nessun momento al
libero gioco della domanda e
dell’offerta: essa è un’offerta a chi la
domandi, poiché essa non ha alcuna
aspirazione a subordinare la propria
offerta a un’istanza superiore di nessun
tipo.
In questo
senso la psicoanalisi è solo laica,
altrimenti non è
psicoanalisi.
Nota
liminare
Nella primavera del 1926 Theodor Reik,
membro della Società psicoanalitica di
Vienna e autorevole psicoanalista non
medico, è accusato di esercitare
illegalmente la professione medica.
Freud redige subito un piccolo libro in
forma di dialogo con un “interlocutore
imparziale”:
Die Frage der Laienanalyse.
Nel testo
Freud, senza ombra di dubbi, chiarisce
che la psicoanalisi non è di competenza
medica, e non appartiene né alla
medicina né a qualunque altra cerchia di
professionisti. La psicoanalisi si
legittima solamente attraverso il
percorso psicoanalitico di ciascun
soggetto.
In Die
Frage der Laienanalyse Freud
descrive quali talenti debba possedere
lo psicoanalista e quanto siano distanti
gli insegnamenti di tipo tradizionale
dalla formazione psicoanalitica.
Già in
passato Freud si era espresso in tal
senso, al pastore protestante non medico
Pfister, in una lettera scrive:” né
medici né preti”, in riferimento non
ad una ulteriore classe di persone, ma a
ciascuno che abbia riconosciuto la
propria pulsione di morte, che è la
consapevolezza del limite della vita
attraverso il lavoro del moto pulsionale.
1926 Sigmund Freud,
Die Frage der Laienanalyse, Leipzig,
Vienne et Zurich, Internationaler
Psychoanalytischer Verlag; tr. it.
Il problema dell’analisi condotta da non
medici in
Opere,
vol 10, Bollati Boringhieri, (1978), Torino
1927 Sigmund Freud,
Nachwort zur Die Frage der
Laienanalyse,
Internationale Zeischrift für
Psychoanalyse;
tr. it.
Poscritto del 1927
in Opere vol 10, Bollati
Boringhieri, (1978),
Torino
I primi
testi in cui Jacques Lacan scrive sulla
questione laica risalgono a subito dopo
la guerra 1949 -1953 in cui in diverse
occasioni afferma che: “la
psychanalyse n’est réductible ni à la
neurobiologie, ni à la medicine, ni à la
pédagogie, ni à la psychologie, ni à la
sociologie” (J. Lacan, 1953).
Come per
Freud, Lacan riconferma che la
psicoanalisi può essere solo laica, e
cioè che può avere solamente statuto
soggettivo, altrimenti perderebbe la
propria specificità.
Per
informarsi attorno ad un panorama più
completo si consulti la Rivista dell’AIHP
n° 3 dedicato alla storia dell’esercizio
della psicoanalisi laica; in
particolare su Lacan, l’articolo di
Alain Vanir, in cui ricostruisce i
rapporti tra Lacan e la
Laienanalyse.
1949
Jacques Lacan,« Règrement et Doctrine de
la Commission de l’Enseignement ».
« La scission de 1953 », , supplemént à « Ornicar ? » , n°
7, (1976), Paris
1965 /66
Jacques Lacan, nel Seminario l’objet
de la psychanalyse, il cui
articolo:
“la
scienza e la verità”
è riportato in italiano negli “Scritti”
di Einaudi
del 1974, Torino
1990 Revue
Internazionale d’Histoire de la
Psychanalyse, in
Histoire de
l’exercice de la psychanalyse par
les non-médecins,
n° 3, PUF, Paris
La lingua
italiana prima degli anni Novanta non
dimostra alcuna attenzione alla
Laienanalyse. Gli psicoanalisti
italiani sono impreparati a far fronte
ai mutamenti culturali diversi.
Tutta la
storia della psicoanalisi italiana è
segnata da interessi fallimentari che si
sviluppano nella difesa delle
professioni psicoterapeutiche
coinvolgendo e confondendo la stessa
pratica psicoanalitica con la presunta
“legge” sulle psicoterapie.
E’ con il
curatore degli Scritti di Lacan
per Einaudi in Italia, Giacomo B.
Contri, che in un itinerario di
elaborazione psicoanalitica a Milano,
viene a costituirsi un piccolo nucleo di
lavoro che nel 1990 dà alle stampe i
primi importanti risultati anche sul
laicità.
1990 Ballabio-Contri, La questione
laica, (1991), Edizioni Sipiel,
Milano
1991 Annuari del LFLP, incontri:
“La psicoanalisi laica”, Edizioni del
Laboratorio di
Formazione e di lettura Psicoanalitica,
Torino
AA.VV.
Cortesie per gli ospiti. Il problema
dell’analisi condotta da non laici,
(1997), quaderno LFLP, Pordenone-Torino
Franco
Quesito, Psicoanalisi e istituzioni,
(2004), Edizione Consorzio Arca, Torino
Giancarlo
Gramaglia, Rubrica di psicologia
della vita quotidiana, (2006),
Edizioni LFLP, Torino
Edipa
Rowlandson Thomas,
caricaturista inglese, (1756/1827)
Londra.
Torino, lì 7
novembre 2006
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