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LEMMA: LA MADRE
di Giancarlo Gramaglia

 

 

    

L’idea di Madre accettata ed accolta acriticamente come teoria impersonale (lo scrivo volutamente con la L e M maiuscola ) viene ad essere uno dei concetti più criminogeni che l’umanità abbia prodotto. Criminogeni perché uccidono Es. 

Madre sostanzialmente è uno dei simboli  più potenti tra tutti i falsi ideologici.

“La Madre” non esiste in quanto referente reale, non è una persona, ma una nociva teoria superegoica, un seme potentissimo di malessere, un germe che infetta il pensiero individuale. Un mito delirante e patologico che è portatore del concetto d’amore assoluto, dove invece assoluto (ab-solutus) vuol dire non soluzione, non soluto, quindi di non rapporto, di non benessere. E’ evidente a chiunque persona sana che l’Amore Assoluto non esiste, se non in quanto puro concetto.   “La Madre” ha il significato in filosofia , come in certa psicologia, dell’amore assoluto che precede la teoria dell’essere assoluto e la condiziona.

Attribuire a quella certa persona reale la consuetudine linguistica di “La Madre” con il significato che si porta dietro è operazione molto comune nella nostra cultura, che è truffa gigantesca sia per quella signora sia per il suo compagno che regge il gioco. Qualunque critica viene abolita: “ è Madre!”,non sai che cosa vuol dire essere Madre!”, “solo una Madre può capire!”, “Madre per sempre!”.

Truffa millenaria, la truffa delle truffe che una persona reale impersonifichi, che s’identifichi nel concetto “La Madre”, ma nulla di più facile e di più comune.  Solo gli esempi letterari sarebbero milioni di tutte le epoche e per tutte le latitudini.

 

Cosa produce di così grave questo concetto che facciamo fatica a coglierlo?

“La Madre” scaccia una donna, la snatura, per lo più con  la collaborazione di questa:  pensate  -per chi l’ha visto- al finale de La sposa turca, oppure ricordate: a quanti sacrifici una donna è chiamata a fare dalla società perché è Madre!.

La perfidia del trincerarsi dietro i valori de “La Madre” è cosa nota ed esercitata da molte donne, complici di comodo e di fatto i signori maschi imbecilli, disposti a barattare brandelli d’illusione di sesso con una prostituta pur di mantenere salvi alcuni privilegi domestici di presunta paternità sui figli: “salviamo l’onore e la dignità di famiglia” è lo slogan recitato che dovrebbe tenere in piedi una serie di baggianate vuote e senza senso.

“La Madre” è una mala-dizione di donna.

Ma seguono maledizioni a cascata anche per il figlio che è il frutto del suo ventre. Invece il frutto è una delle distinzioni semplicemente logiche: una madre reale è una donna che per un periodo limitato ha esercitato alcune funzioni e poi è chiamata, nel senso dell’essere onorata al piacere di portare avanti con il suo compagno il loro proprio discorso d’amore, che è lavoro soddisfacente.

Perfino il pensiero di Cristo, prendendo il Vangelo - uno dei testi più vicini all’idea de “La Madre”- parla dell’episodio appunto di Gesù dodicenne che minaccia sua madre di toglierle il saluto se continua a “fare da mamma”: lui era appena stato promosso rabbino, ed impedisce a questa donna di continuare a fare la madre, dicendole che ha altro da fare, e di non preoccuparsi degli affari suoi (del figlio).

Essere madre fino in fondo”,” espletare la missione della donna” è una falsa comodità culturale maschilista che getta la Madonna, domina Signora, sovrana e regina, sposa vergine, nel puro delirio del nulla, una caduta del pensiero sano nel peggiore degli obblighi-doveri: “non avrai altro Dio-donna fuori di me”, “il tuo riferimento femminile per sempre”,” il marchio del mio ventre”.Quella santa donna di mia Madre”: che conduce una sana e retta vita fatta di virtù sublimi illuminate dallo “spirito naturale di Madre”. Che cosa voglia dire spirito naturale di madre, è una cosa implicita che tutti dovrebbero capire, se tutti fossero ossequiosi al delirio dell’Amore Assoluto che Madre natura-altra bella invenzione simbolica- esige.

 

Ed è qui la svolta che Freud ha operato col sapere del pensiero di Es, di natura, cioè alle due topiche dell’inconscio e della pulsione che conducono un corpo, attento alle proprie topiche, a soddisfazione.

Questa legge di natura, non è, come s’intende, in natura, cioè già data in natura, ma deve venire acquisita: né con un processo educativo né ambientale, ma come elaborazione autonoma da ciascun soggetto. E’ la norma che ciascuno può solamente ri-trovare per se stesso. In contrasto con questa legge Freud ha individuato un’altra legge del Superio che amplifica e cristallizza il principio d’idealizzazione e d’astrattezza che qui vado denunciando.

Il pensiero di natura è libero in quanto svolge un lavoro di giudizio, viceversa il pensiero è patologico quando è costretto a restringimenti rispetto al proprio libero pensare. Le teorie presupposte non permettono un libero pensiero, ma veicolano pensieri già pensati.

 

Ritorno al che cosa produce di così grave questo concetto di Madre.

“Parola di Madre” è principio di comando, di comando esautorante. E’ teoria che presuppone una causa che come tutte le psicopatologie è priva di referente, è un fallo- fallo! da ontologia fasulla.

Questo fallo non è una prerogativa femminile, come Freud ha messo ben in luce con l’individuare l’isteria maschile. Un maschio ed una femmina generano un figlio attraverso la distinzione dei sessi.

a)      Questa generazione non è un fatto semplicemente causale né casuale, ma implica un discorso.

b)      Questo fatto non dà alcun diritto a spadroneggiamenti da Padrone e Signore, né da Madonna vergine, cose invece del tutto presenti in varie culture di ogni latitudine. Prezzo troppo alto da pagare per ciascuna cultura quando invece sarebbe sufficiente conoscere ed ammettere l’errore. L’ammissione dell’errore è una cosa umana e saggia, individuale e personale a cui si può rimediare  ri-conoscendolo, appunto.

Quale errore?

L’errore è che generare non è una causa, ma un discorso. Discorso personale da ri-trovare.

Collettivizzarlo, elevandolo a simbolo concluso e codificato, farne un principio di difesa, o peggio farne un principio assoluto vuol dire non capire che generare significa essere genitori nella dialettica di ciascun  momento, cioè condividere (padre e madre) la medesima funzione del discorso di generazione, o averla condivisa per un certo tempo, anche sbagliando.

Quando viene ad essere persa la funzione di produrre figli in quanto discorso, e si elevano sovrastrutture collettivizzando, e mitizzando per salvaguardare solamente la causa, cioè la nascita, come atto di produzione completata, due possono essere le soluzioni:

a)      o si arriva a La Madre Tutto, al mito della Madonna Immacolata Concezione

b)      o si arriva al parricidio di fatto o simbolico (mancanza di legge), dove il primo fatto non esclude assolutamente il secondo.

A proposito della pregnanza del discorso ecco un esempio andato a finire nel delirio collettivo: la vergine Maria, figlia di Dio, si sposa con dio padre e da lui concepisce il figlio Gesù: questo è l’incesto generalizzato per eccellenza! Allora questo tanto pazzo discorso, spogliato dell’atto biologico, nel caso Giuseppe padre in affitto, cioè della causa, è talmente forte ed incisivo che dura da duemila anni! Difficile sostenere che il discorso non c’entra!

Evidentemente quella del cristianesimo è una conclusione meta-reale (credenza) dove finzione-funzione hanno funzionato benissimo.

Guarda caso di un discorso che non sia di pura finzione-funzione, di sembiante, è testo-titolo di un seminario di Lacan quando intende parlare del discorso psicoanalitico, cioè dell’inverso.

Infatti il seminatio di Lacan si potrebbe anche tradurre di un discorso che non sia di pura causalità.

Quando subentra la collettivizzazione e la mitizzazione di un simbolico delirante si perde il discorso del singolo, il tappeto-pietra dei principi primi di adagia, Es s’ammala, ed il primo diritto va perso.

Esiste un discorso che non è finzione-funzione-causalità fisica, né imperativo, è il discorso psicoanalitico di ogni uno, che vien fuori dall’aver ri-conosciuto attraverso le proprie associazioni libere ogni forma simbolica delirante.

Dai semi del malessere[1][2] sappiamo che esistono tutta una serie di teorie presupposte che veicolano tali concetti impersonali che producono sovrastrutture al discorso, che non parlano d’amore di scambio, ma solo d’ideale, di etica, di valori, di retorica, di comportamenti, di modelli, senza referente, per non far parlare il soggetto, ma elevandolo ad elemento astratto, in tal modo il comando diventa più facile, contro il primo diritto che diventa sempre più irraggiungibile, e l’ordine del padrone si fa discorso, per dirla ancora con Lacan.

Se Freud ha inventato qualcosa, e l’ha inventata, è nell’ordine del discorso: questo passaggio però non lo troverete chiaro in Freud, dove chiaro vuol dire nero su bianco, perché è tutto Freud in nero che scrive di ciò. Intendo dire che in psicoanalisi ci sono regole di non omissione e di non sistematizzazione che Freud ci ha insegnato in tutta la sua opera che non si possono distinguere dalla sua vita[2][3].

In altre parole questa distinzione tra normale e patologico, che tanto arrovella gli psichiatri, non è altro che una non presa in carico dell’Es sano che esiste in ciascuna persona.

Somministrando psicofarmaci o psicoetiche o psicomodelli o psicoppiacei o credenze, o, o… può solo succedere una generazione (un figlio succede al padre nel discorso) di imbecilli, di non padri, di criminali.

 

Torino, 8 dic. ‘05


 

[1][2] I semi del malessere è il seminario tenuto al Laboratorio Psicoanalitico LFLP ‘03/’04

[2][3] Temi che verranno sviluppati ed approfonditi nel seminario dell’LFLP di storia della psicoanalisi che inizierà in gennaio ’05.

[1][2] I semi del malessere è il seminario tenuto al Laboratorio Psicoanalitico LFLP ‘03/’04

[1][3] Temi che verranno sviluppati ed approfonditi nel seminario dell’LFLP di storia della psicoanalisi che inizierà in gennaio ’05.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   

  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
   
   
 
 
   
 
 
   
   
   

 

 
 

 

 

 

 
     

 

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